Smaltire oli esausti industriali: i migliori consigli da seguire

Quando si parla di olio esausto si fa riferimento a uno di quei rifiuti che si possono classificare come notevolmente pericolosi. Infatti, qualora dovesse essere smaltito in modo non corretto, può diventare un elemento inquinante estremamente potente e difficile da arginare.

È sufficiente pensare che solamente un litro di olio sversato nella natura che ci circonda può arrivare a intaccare qualcosa come un milione di litri d’acqua. La pellicola impermeabile che tende a crearsi sulla superficie dell’olio, infatti, si trasforma in un vero e proprio ostacolo insormontabile per l’ossigeno che serve alla flora e alla fauna, sia quella fluviale che lacustre, ma anche quella marina, per poter sopravvivere.

Di conseguenza, non deve stupire come, in ambito industriale, l’olio esausto venga trattato seguendo dei procedimenti ben precisi. E, quando tutte queste procedure, che prevedono anche l’uso di un’apposita cisterna raccolta olio esausto e altri specifici contenitori, vengono seguite in maniera corretta e precisa, ecco che l’olio esausto si può trasformare addirittura in una risorsa economica molto importante. Infatti, quest’ultimo può essere oggetto di un procedimento di rigenerazione, ritornando ad avere delle caratteristiche decisamente simili rispetto al lubrificante originale.

Alla scoperta dell’olio esausto industriale

In questo caso, è facile mettere in evidenza come l’olio esausto industriale è banalmente qualsiasi olio di tipo sintetico che non è più in grado di svolgere le sue normali funzioni. Gli oli, in effetti, vengono impiegati piuttosto di frequente in un gran numero di processi a livello industriale. Si va dalla produzione fino ad arrivare alla lubrificazione, passando per processi di idraulica, di trasferimento di calore e pure di galleggiabilità.

Nel corso delle numerose fasi che compongono un simile processo, capita piuttosto di frequente che intervenga quella che viene definita come rottura termica. Cosa succede? In poche parole, lo sporco, ma anche la polvere e i detriti vari tendono ad accumularsi in maniera progressiva all’interno di tali oli. Ed è questa la ragione per cui l’olio tende a non mantenere più intatte le sue caratteristiche di biodegradabilità e organicità.

Di conseguenza, non deve stupire come l’attività di smaltimento dell’olio esausto rappresenti una di quelle certamente più complesse e ricche di criticità. Nel caso in cui non dovesse essere portata a termine in maniera corretta, ecco che è in grado di causare un gran numero di danni all’intero ecosistema dove ci troviamo e affrontiamo la vita di tutti i giorni.

Cosa prevede la legge a riguardo

C’è un Decreto Legislativo, il numero 95 del 27 gennaio 1992, che si concentra proprio sulle regole che si riferiscono all’attività di eliminazione degli oli usati. Si tratta della fonte di legge a cui fare riferimento in tema di smaltimento degli oli esausti, sia che questi ultimi abbiano natura privata che natura industriale.

Questo D.Lgs. mette in evidenza come tutte quelle imprese industriali che producono, nel corso della loro attività, degli oli usati e, più in generale, tutti quanti hanno la detenzione, durante l’anno, di più di 300 litri di oli usati, devono rispettare degli obblighi ben precisi. Prima di tutto, tali oli esausti devono essere stivati e conservati in maniera corretta. È fondamentale che la stiva vada a evitare ogni tipo di miscelazione tra oli ed emulsioni, scongiurando il pericolo che possano contaminare altre sostanze.

Un’altra regola molto importante è quella che prevede la cessione e il trasferimento di tutti gli oli usati allo specifico Consorzio Nazionale che si occupa della gestione, così come del trattamento e della raccolta degli oli minerali usati. È chiaro che è in vigore l’assoluto divieto di scaricare gli oli esausti presso le acque interne di superficie oppure nelle acque sotterranee e nei canali, oppure creare degli appositi depositi che poi vanno a intaccare e a contaminare il terreno.